REATO IN GENERE

La clausola di sussidiarietà ed il principio del ne bis in idem. Incidente di esecuzione

02 Dicembre 2019

Traccia

Dopo una convivenza lunga quattordici anni, Caia comunica al suo fidanzato Tizio di voler prendere una pausa di riflessione e questi torna a vivere da sua madre.

Tuttavia, il distacco tra i due è particolarmente burrascoso, in ragione del carattere irascibile e violento dell’uomo e della sua difficoltà ad accettare che la loro storia sia ormai agli sgoccioli.

Spaventata dalle pressioni dell’uomo, Caia decide di lasciarlo definitivamente.

Tizio, destabilizzato da tale decisione, inizia a pedinare Caia, a compiere frequenti incursioni a casa sua, di cui conserva ancora la chiave, costringendola a cambiare la serratura, ed a contattarla continuamente al telefono, con chiamate dal contenuto spesso ingiurioso.

Caia, nella convinzione che si tratti solo di un periodo particolarmente delicato della vita dell’uomo, non denuncia mai tali fatti.

Una sera, mentre la donna sta rincasando dopo il lavoro, viene avvicinata da Tizio, il quale, dopo averle stretto le mani intorno al collo, la minaccia di morte qualora la dovesse trovare in compagnia di un altro uomo.

Dopo essere riuscita a divincolarsi dalla sua stretta, Caia si reca immediatamente presso la stazione dei Carabinieri e presenta formale querela ai danni di Tizio per quanto appena accaduto, nonché per tutti gli episodi precedenti.

Tizio viene, quindi, sottoposto a procedimento penale per il reato di cui all’art. 612-bis, comma 2, c.p. e condannato alla pena di un anno di reclusione.

Qualche mese dopo, quando ormai la sentenza è passata in giudicato, in relazione a quegli stessi fatti, viene aperto un altro procedimento penale a carico di Tizio per il reato di cui all’art. 572 c.p., ad esito del quale questi viene condannato alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione.

Divenuta irrevocabile anche tale sentenza, Tizio, preoccupato per la notifica di un nuovo ordine di esecuzione della pena, contatta immediatamente il proprio difensore di fiducia al fine di verificare se sia possibile tutelarsi.

Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio, rediga l’atto giudiziario più idoneo alla tutela delle sue ragioni.

 

Articoli di riferimento

Fattispecie

Risponde del delitto di atti persecutori aggravato e non del delitto di maltrattamenti in famiglia, colui che ponga in essere condotte che, pur nascenti nell’ambito di una comunità familiare ed astrattamente riconducibili alla più grave previsione di cui all’art. 572 c.p., vengano poste in essere allorquando sia cessato il vincolo familiare e/o affettivo.

 

Istituti

Giurisprudenza

  • Cass. pen., sez. V, 15 febbraio 2019, n. 24445. È operativo il divieto del "ne bis in idem" determinato dal giudicato, anche ove si reputi che tra le due fattispecie, di atti persecutori e maltrattamenti in famiglia, sussista un rapporto di concorso formale di reati. Ai fini della preclusione in questione, l'identità del fatto deve essere valutata in relazione al concreto oggetto del giudicato e della nuova incriminazione, senza confrontare gli elementi delle fattispecie astratte di reato. Pertanto, a prescindere dalla natura dei rapporti tra la fattispecie di atti persecutori e di maltrattamenti in famiglia - concorso apparente di norme per specialità o per consunzione, o concorso formale - la pronuncia di una sentenza irrevocabile in ordine a una delle due figure di reato che abbia avuto a oggetto il medesimo fatto storico rilevante per l'altra, preclude necessariamente l'esercizio o la prosecuzione dell'azione penale in relazione a quest'ultima.
  • Cass. pen., sez. VI, 19 maggio 2016, n. 30704. Salvo il rispetto della clausola di sussidiarietà prevista dall'art. 612-bis, comma 1, c.p. che rende applicabile il più grave reato di maltrattamenti quando la condotta valga ad integrare gli elementi tipici della relativa fattispecie è invece configurabile l'ipotesi aggravata del reato di atti persecutori in presenza di comportamenti che, sorti nell'ambito di una comunità familiare (o a questa assimilata), ovvero determinati dalla sua esistenza o sviluppo, esulano dalla fattispecie dei maltrattamenti per la sopravvenuta cessazione del vincolo familiare ed affettivo o comunque dalla sua attualità temporale.
  • Cass. pen., sez. II, 6 febbraio 2015,  n. 19712. L'operatività del divieto di un secondo giudizio, positivamente sancito dall'art. 649 c.p.p., non è preclusa dalla configurazione di circostanze aggravanti non costituenti oggetto del precedente processo (nella specie, quella di cui all'art. 7 d.l. n. 152 del 1991), in quanto la valutazione sull'identità del fatto deve essere compiuta unicamente con riferimento all'elemento materiale del reato nelle sue componenti essenziali attinenti alla condotta, all'evento ed al nesso causale, nonché alle circostanze di tempo e di luogo del fatto-reato, considerati nella loro dimensione storico-naturalistica ed in quella giuridica, laddove la medesima condotta viola contemporaneamente più disposizioni incriminatrici.
  • Cass. pen., sez. V, 30 ottobre 2014, n. 52215. Ai fini della preclusione connessa al principio del "ne bis in idem", l'identità del fatto sussiste solo quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona.
  • Cass. pen., sez. I, 8 luglio 2014, n. 36755. Il disposto di cui all'art. 669 c.p.p., relativo al caso che vi sia stata pluralità di sentenze per il medesimo fatto contro la stessa persona, non può trovare applicazione qualora la questione del "ne bis in idem" sia stata prospettata dalle parti e risolta negativamente in via principale nell'ambito del giudizio di cognizione.

Svolgimento

TRIBUNALE DI ....

INCIDENTE DI ESECUZIONE EX ARTT. 666, 669 C.P.P.

Il sottoscritto Avv. .... difensore di fiducia, giusta nomina in calce alla presente, di Tizio, nato a ...., il ...., residente in  ...., via ....,

PREMESSO CHE

- Con sentenza n. …. del …., emessa dal Tribunale di .... in Composizione Monocratica, irrevocabile in data ...., nel procedimento penale n. .... R.N.R., n. .... R.G., Tizio è stato condannato alla pena di anni uno di reclusione perché riconosciuto penalmente responsabile in ordine al delitto di cui all’art. 612-bis, comma 2, c.p.

-  Con sentenza n. …. del …., emessa dal Tribunale di .... in Composizione Monocratica, irrevocabile in data ...., nel procedimento penale n. .... R.N.R., n. .... R.G., Tizio è stato condannato alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione perché riconosciuto penalmente responsabile in ordine al delitto di cui all’art. 572 c.p.

Tutto ciò premesso, nell’interesse di Tizio, il sottoscritto difensore

ESPONE

Nei confronti dell’odierno istante risultano essere state pronunciate due sentenze di condanna, oramai irrevocabili che, benché pronunciate per reati diversi, hanno ad oggetto gli stessi fatti.

Seppur brevemente, è difatti opportuno ricordare che Tizio sia stato, in primo luogo, processato e condannato per il delitto di atti persecutori, commesso ai danni della ex fidanzata Caia, e ciò per avere, coscientemente e volontariamente, con condotte reiterate, consistite in pedinamenti, incursioni presso l’abitazione della donna e continue telefonate dai contenuti minatori ed ingiuriosi, fino ad arrivare a stringere le mani intorno al collo della persona offesa intimandole di non frequentare altri uomini, molestato Caia in modo da cagionare in lei un perdurante e grave stato d’ansia e di paura, costringendo la stessa a modificare le proprie abitudini di vita.

Fatto, peraltro, aggravato per essere stato commesso da persona che è stata legata alla persona offesa da una relazione affettiva.

In separato giudizio, l’esponente è stato poi riconosciuto responsabile in ordine al delitto di cui all’art. 572 c.p., per avere, con le condotte di cui sopra, maltrattato la ex fidanzata e convivente Caia.

Ciò osservato, deve essere rilevato che tra le due fattispecie delittuose ascritte a Tizio con le summenzionate condanne sussista un rapporto di sussidiarietà, stante la clausola di riserva di cui all’art. 612-bis c.p.

Peraltro, secondo l’ormai costante orientamento interpretativo di legittimità, in tema di rapporti tra il delitto di maltrattamenti in famiglia e quello di atti persecutori, “salvo il rispetto della clausola di sussidiarietà prevista dall'art. 612-bis, comma 1, c.p. che rende applicabile il più grave reato di maltrattamenti quando la condotta valga ad integrare gli elementi tipici della relativa fattispecie è invece configurabile l'ipotesi aggravata del reato di atti persecutori in presenza di comportamenti che, sorti nell'ambito di una comunità familiare (o a questa assimilata), ovvero determinati dalla sua esistenza o sviluppo, esulano dalla fattispecie dei maltrattamenti per la sopravvenuta cessazione del vincolo familiare ed affettivo o comunque dalla sua attualità temporale”(Cass. pen., sez. VI, 19 maggio 2016, n. 30704).

Ecco che, nel caso di specie, sono state pronunciate, nei confronti del medesimo soggetto, Tizio, due distinte sentenze di condanna, ormai irrevocabili, che, benché riferite a delitti diversamente rubricati, concernono lo stesso fatto e determinano così una violazione del principio del “ne bis in idem”, in forza del quale nessuno può essere giudicato nuovamente per uno stesso fatto già oggetto di una sentenza divenuta irrevocabile.

Peraltro, ai fini della operatività della preclusione connessa al principio de quo, “la valutazione sull'identità del fatto deve essere compiuta unicamente con riferimento all'elemento materiale del reato nelle sue componenti essenziali attinenti alla condotta, all'evento ed al nesso causale, nonché alle circostanze di tempo e di luogo del fatto-reato, considerati nella loro dimensione storico-naturalistica ed in quella giuridica, laddove la medesima condotta viola contemporaneamente più disposizioni incriminatrici” (Cass. pen., sez. II, 06 febbraio 2015, n. 19712).

A garanzia della piena applicazione di tale principio, l’art. 669 c.p.p. prevede che, laddove violato, come nel caso di specie, esso possa trovare applicazione anche in sede di esecuzione con esclusione dell’ipotesi in cui  “(…) qualora la questione del ‘ne bis in idem’ sia stata prospettata dalle parti e risolta negativamente in via principale nell'ambito del giudizio di cognizione.” (Cass. pen., sez. I, 8 luglio 2014, n. 36755).

Nel caso di specie, tenuto altresì conto del fatto che, come richiesto dalla Suprema Corte di Cassazione, la questione del ne bis in idem non sia stata sollevata – e dunque esclusa – in alcuno dei giudizi di cognizione, sussistono tutti i presupposti perché Tizio possa beneficiare della previsione di cui all’art. 669 c.p.p.

Tutto ciò esposto, nell’interesse di Tizio, il sottoscritto difensore

CHIEDE

Che l’Ill.mo Tribunale adito, in funzione di Giudice dell’Esecuzione, rilevata la legittimità ed ammissibilità della presente istanza, nonché la fondatezza della stessa, valutata la sussistenza di tutti i presupposti di Legge, ai sensi dell’art. 669 c.p.p., Voglia revocare la sentenza n. …. del …. , ordinando l’esecuzione della sentenza n. …. del …., ovvero, in subordine, rideterminare la pena inflitta.

...., lì ....

Avv. .... (firma)

 

NOMINA DI DIFENSORE

Il sottoscritto Tizio, nato a ...., il ...., residente in ...., Via ...., ivi elettivamente domiciliato, con riferimento al procedimento n.  ..../….,

DICHIARA

di nominare quale difensore l’Avv. ...., con studio in ...., Via ....,  al quale conferisce tutti i poteri e le facoltà previsti dalla Legge, compresa quella di nominare sostituti.

Conferisce al difensore, come sopra nominato, espresso mandato ed incarico affinché provveda alla redazione e sottoscrizione della suestesa istanza, nonché al deposito della stessa.

...., lì ....

…. (firma)

È autentica

Avv. .... (firma)