AVVOCATO

Il consenso dell’avente diritto deve essere sempre presente

03 Marzo 2021

Traccia

Tizio, da anni sofferente per problemi psichici, viene fermato dai Carabinieri mentre, in preda a una fase delirante, sta inveendo senza motivo contro dei passanti. Accompagnato al più vicino ospedale, Tizio viene subito tranquillizzato dal medico Caio. 

La sera, però, Tizio chiede a Caio di poter essere legato al letto con delle fascette, in modo da evitare che, nell’ipotesi di un nuovo attacco delirante, egli possa fare del male a sé o ad altri. Caio decide di accontentarlo e, al momento del cambio di turno, avvisa il medico subentrante Mevio di quanto concordato col paziente.

Nel corso della notte, Tizio decide di non voler più essere costretto a letto e chiede a Mevio di liberarlo. Quest’ultimo, però, temendo che possano verificarsi dei fatti violenti, oppone un rifiuto e invita il paziente a rilassarsi e dormire. Dopo un’altra mezzora di inutili insistenze verso Mevio, Tizio inizia a sbraitare e, muovendosi in modo forsennato nel tentativo di liberarsi, fa ribaltare il letto. Caduto con la faccia in terra, Tizio purtroppo viene schiacciato dal peso del letto al quale era legato e perde la vita.

Accertati integralmente i fatti, i due medici si recano da un legale al fine di verificare la rilevanza penale di quanto accaduto. Il candidato, assunte le vesti del legale di Caio e Mevio, premessi brevi cenni sugli istituti giuridici sottesi, rediga un parere motivato sulla vicenda.

Fattispecie

Il consenso dell’avente diritto, rilevante ai sensi dell’Art. 50 c.p., può essere revocato in qualsiasi momento, con cessazione della efficacia della causa di giustificazione

Istituti

Art. 605 c.p. (sequestro di persona)

Art. 50 c.p. (consenso avente diritto

Art. 54 c.p. (stato di necessità)

Art. 586 c.p. (morte o lesioni come conseguenza di altro diritto)

Giurisprudenza

- Cassazione penale sez. V - 20/06/2018, n. 50497 - In tema di responsabilità medica, la contenzione del paziente psichiatrico non costituisce una pratica terapeutica o diagnostica legittimata ai sensi dell'art. 32 Cost., ma è un mero presidio cautelare utilizzabile in via eccezionale qualora ricorra lo stato di necessità di cui all'art. 54 cod. pen., ossia il pericolo di un danno grave alla persona, che si presenti come attuale ed imminente, non altrimenti evitabile, sulla base di fatti oggettivamente riscontrati che il sanitario è tenuto ad indicare nella cartella clinica. (In motivazione la Corte ha precisato che l'uso della contenzione in assenza dei presupposti di cui all'art. 54 cod. pen. costituisce un'illegittima privazione della libertà personale ed integra gli estremi del delitto di cui all'art. 605 cod. pen.).

- Cass. Pen. Sez. V n° 6738/2019 ai fini della integrazione, è sufficiente l'impossibilità della vittima di recuperare la propria libertà di movimento, a nulla rilevando la durata dello stato di privazione della libertà, che può essere anche breve a condizione che sia giuridicamente apprezzabile

Svolgimento

Al fine di verificare la rilevanza penale di quanto accaduto, occorre preliminarmente soffermarsi, per ragioni logiche e cronologiche, sulla condotta di Caio.

La prima fattispecie di reato che viene, in astratto, in rilievo è il sequestro di persona. L’articolo 605 c.p. punisce: «Chiunque priva taluno della libertà personale […]».

L’elemento oggettivo del delitto in commento consiste nella limitazione della libertà fisica e di locomozione della vittima. La norma non richiede una privazione totale e assoluta, essendo sufficiente anche una relativa impossibilità di recuperare la libertà di scelta e di movimento.

Non assume alcun rilievo, invero, nemmeno la maggiore o minore durata della limitazione, purché questa si protragga per un tempo giuridicamente apprezzabile. Non rileva, altresì, che il sequestrato faccia o meno alcun tentativo per riacquistare la propria libertà di movimento, né che questi riesca a riacquistare la propria libertà dopo una privazione giuridicamente apprezzabile, che segna, dunque, il momento consumativo del delitto de quo.

L’elemento soggettivo richiesto dalla norma è il dolo generico, consistente nella volontà cosciente e libera di privare il soggetto passivo della sua libertà personale.

La fattispecie di cui all’articolo 605 c.p. richiede, dunque, sotto il profilo soggettivo, la consapevolezza e volontà di infliggere alla vittima un’illegittima privazione della libertà personale.

Da quanto detto, consegue che deve escludersi la configurabilità del suddetto reato allorché la privazione della libertà costituisca il risultato di una condotta che, sebbene oggettivamente illegittima, si caratterizzi soggettivamente dalla finalità di realizzare l’esercizio di un potere del quale l’agente sia legittimamente investito.

Con riguardo al caso in esame, la condotta posta in essere da Caio integra, sotto il profilo materiale, il delitto in commento. Con la sua condotta, infatti, costringeva Tizio a letto impedendo, dunque, la di lui libertà fisica e di locomozione.

Risulta, altresì, integrato l’elemento soggettivo, in quanto il medico era ben consapevole di privare Tizio della libertà personale.

Tuttavia, egli si determinava ad agire in siffatto modo a seguito di espressa richiesta dell’uomo. Le condizioni di salute in cui versava quest’ultimo al momento dell’arrivo in ospedale e dell’incontro con Caio, infatti, lo avevano indotto a chiedere al medico di immobilizzarlo a letto, per evitare che potesse far male agli altri o a sé stesso, in caso fosse sopraggiunta una nuova crisi.

La condotta di Caio risulta, dunque, scriminata dalla causa di giustificazione prevista dall’articolo 50 c.p. Tale norma esclude la punibilità di chi lede o pone in pericolo un diritto altrui con il consenso della persona che può validamente disporne.

Affinché il fatto non sia punibile occorrono tre presupposti: il consenso deve avere ad oggetto un diritto disponibile, deve sussistere al momento del fatto e dev’essere validamente prestato dal titolare.

Tale ultimo requisito risulta integrato quando il consenso consista in una manifestazione di volontà espressa o in un comportamento concludente e non equivoco. Dev’essere, inoltre, libero: il consenziente non dovrà, dunque, trovarsi in circostanze di costrizione, ma deve poter disporre validamente del proprio diritto.

Nel campo medico si richiede, altresì, che sia “informato”, in quanto, in relazione ai trattamenti terapeutici a cui il paziente necessita di essere sottoposto, il consenso rappresenta vero e proprio presupposto di liceità dell’attività del sanitario.

Con riguardo al caso in esame, tuttavia, l’aver legato Tizio al letto non può essere considerato trattamento medico. Caio, infatti, si limitava ad accogliere la richiesta di Tizio, il quale, tra l’altro, nel momento in cui la formulava, non si trovava nemmeno in una situazione clinica che richiedesse una misura di quel tipo e, comunque, risultava assolutamente lucido e consapevole delle conseguenze della propria istanza.

Anzi, le ragioni alla base della sua richiesta, inducono a ritenere che egli fosse in quel momento preoccupato di poter di nuovo perdere il controllo e diventare un pericolo per sé stesso e per gli altri.

Occorre, a questo punto, analizzare anche la condotta posta in essere successivamente da Mevio.

Anche la sua condotta pare integrare gli estremi dell’articolo 605 c.p. Per quanto riguarda l’elemento oggettivo e soggettivo richiesti dalla norma, si rimanda pertanto a quanto già detto sopra.

La condotta del secondo medico, che si è estrinsecata nel rifiuto di liberare il paziente e, dunque, continuando a tenerlo costretto dalle fascette, limitare la sua libertà fisica e di movimento, integra l’elemento materiale del reato de quo.

Risulta, altresì, integrato anche l’elemento psicologico, in quanto Mevio ben aveva la consapevolezza di infliggere al paziente un’illegittima privazione della libertà personale.

A nulla rileva lo scopo perseguito dall’agente, con la conseguenza che l’eventuale fine per cui ha agito   non escluderebbe, comunque, l’elemento soggettivo del sequestro di persona, rimanendo relegato, tutt’al più, a mero motivo, irrilevante nel caso concreto.

Ma v’è di più. Nonostante le continue richieste di Tizio, Mevio non lo liberava.

A tal proposito, dunque, torna in rilievo la disciplina prevista dall’articolo 50 c.p. che scrimina la condotta dell’agente fintanto che permanga il consenso del titolare del diritto. La revocabilità dello stesso è, infatti, elemento integrante della scriminante in parola e tale facoltà può essere esercitata in qualsiasi momento.

Nel caso in esame, l’atteggiamento inequivocabilmente sintomatico della sua mutata volontà, insieme alle ripetute richieste dell’uomo, non bastavano a convincere Mevio, che lasciava Tizio in una situazione che, di lì a poco, avrebbe avuto un tragico epilogo.

Né può rilevare, in favore del medico Mevio, la causa di giustificazione dello stato di necessità ex Art. 54 c.p.

La stessa, infatti, richiede la attualità di un pericolo che, allo stato, mancava del tutto.

Inoltre, occorre che la condotta necessitata sia inevitabile il che, vista la situazione, non poteva certo dirsi sussistente.

Giova infatti ricordare che Tizio abbia iniziato a dimenarsi non tanto per uno stato delirante quanto, invece, per la volontà di liberarsi e sottrarsi alla privazione della libertà di movimento.

Esclusa dunque anche la applicabilità di questa scriminante, viene, così, in rilievo l’ultima fattispecie di reato in astratto configurabile. Si tratta dell’articolo 586 c.p. che disciplina il caso in cui da un fatto preveduto come delitto doloso derivi, quale conseguenza non voluta dal colpevole, la morte o la lesione di una persona.

La responsabilità prevista dall’articolo in parola, lungi dal poter essere considerata oggettiva, riguarda casi in cui la condotta delittuosa di base ha in sé insito il rischio, non imprevedibile né eccezionale, di porsi come concausa di morte o lesioni.

Pertanto, se uno di questi eventi si verifica, si giustifica l’ulteriore conseguenza sanzionatoria dalla suddetta norma prevista.

Per la configurabilità del reato de quo è necessario che l’evento mortale o lesivo non si possa ritenere voluto, neppure in via indiretta o con dolo eventuale, e ciò non avviene quando l’agente, pur di realizzare l’evento voluto, accetti il rischio dei risultati, non soltanto probabili, ma anche meramente possibili, del suo comportamento.

Tale fattispecie, dunque, deve ritenersi integrata, attesa l’indefettibilità del principio di colpevolezza, solo a condizione che sussista un coefficiente di riferibilità psicologica, a titolo di colpa, stante anche il richiamo operato dalla norma all’articolo 83 c.p., dell’evento non voluto all’autore del delitto voluto.

La condotta posta in essere da Mevio è come detto consistita nella commissione del delitto doloso di cui all’articolo 605 c.p. La morte di Tizio è legata eziologicamente a tale delitto e rappresenta una conseguenza prevedibile dello stesso.  Ciò in quanto il medico, rifiutandosi di liberare Tizio, che già aveva chiaramente manifestato più volte l’intenzione di voler essere slegato, non poteva considerare imprevedibile o eccezionale la circostanza che il paziente avrebbe tentato ancora, e in ogni modo, di liberarsi, ponendo in serio pericolo la propria incolumità.

In conclusione, essendo la condotta di Caio scriminata dalla causa di giustificazione del consenso dell’avente diritto ex articolo 50 c.p., egli andrà esente da responsabilità per il reato di sequestro di persona di cui all’articolo 605 c.p., come pure per il successivo evento mortale.

Con riguardo, invece, alla condotta di Mevio, questa non potrà essere scriminata in quanto Tizio legittimamente revocava il proprio consenso. Egli, pertanto, potrà rispondere del delitto di cui all’articolo 605 c.p., nonché della morte di Tizio come conseguenza del delitto di sequestro di persona.

Conclusioni

Nel caso di specie, pertanto, Caio non risponderà di alcunché, mentre il medico Mevio deve essere ritenuto responsabile dei reati di cui agli Artt. 605 c.p. e 586 c.p.

Videocorrezione

PERCORSO AVVOCATO:  ASPETTARE NON SIGNIFICA FERMARSI!

Lunedì 1 marzo 2021, ore 17.00, sulla pagina Facebook di Giuffrè Francis Lefebvre, si è tenuta la Diretta Facebook dedicata alla correzione del parere penale, per continuare assieme la preparazione all'esame scritto di avvocato. 

L'inizio della Diretta è dedicato alle notizie relative alle nuove modalità dell'esame, nella formula dell'orale "rafforzato". In attesa delle disposizioni ufficiali da parte del Ministero della Giustizia, l’Avv. Alberto Filippini ha cercato di rispondere a quante più domande possibili, ricordando di non abbattersi, ma di continuare la preparazione.