PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO

La segnalazione di illeciti edilizi si rivela infondata: negato l’accesso alle generalità del segnalante

06 Ottobre 2020

Tar Umbria

A seguito di una segnalazione ai Carabinieri circa alcuni possibili illeciti edilizi, relativi anche allo smaltimento di amianto, il soggetto segnalato presentava istanza di accesso per conoscere le generalità del segnalante. Di fronte al diniego dell’accesso, il soggetto interessato ha proposto ricorso dinanzi al TAR. Il ricorrente lamenta violazione ed erronea applicazione di legge in relazione agli artt. 24, 97 e 111 Cost., agli artt. 22, 23 e 25 l. n. 241/1990, all’art. 1049, comma 1, lett. e), d.P.R. n. 90/2010 e al d.P.R. n. 184/2006, nonché il vizio di eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità, sviamento ed ingiustizia manifesta. Secondo il ricorrente infatti, nell’istanza di accesso oggetto del diniego impugnato, era chiaramente esplicitata «la correlazione logico funzionale intercorrente fra la cognizione degli atti di cui si chiede l’ostensione e la tutela della propria posizione giuridica, con precipuo riferimento tanto alle eventuali iniziative dirette alla tutela dei propri diritti nell’ambito del procedimento avviato nei suoi confronti che in relazione a eventuali iniziative giudiziarie contro il denunciante».

 

Il TAR ha ritenuto infondato il ricorso. Il sopralluogo effettuato dai Carabinieri a seguito della segnalazione non ha infatti evidenziato alcuna irregolarità di natura penale né amministrativa e nessuna iniziativa giurisdizionale è stata assunta nei confronti del ricorrente. Secondo i Giudici dunque «non si comprende pertanto di quale ulteriore informazione e/o documento il ricorrente necessiti al fine di tutelare la propria posizione giuridica, anche soltanto sotto il profilo prettamente giurisdizionale». Sottolineano infatti che non è possibile ipotizzare alcuna ulteriore iniziativa a carico del segnalante, avendo egli presentato ai Carabinieri un mero esposto formale come privato cittadino. Diversamente, in caso di denuncia sarebbe stato imputabile per il reato di calunnia, ricorrendone i presupposti.
In conclusione, il diniego impugnato deve considerarsi legittimo vista l’assenza in capo all’odierno ricorrente di un interesse giuridicamente rilevante all’accesso, ovvero di un «interesse che sia serio, effettivo, autonomo, non emulativo, non riconducibile a mera curiosità e ricollegabile all’istante da uno specifico nesso» (Cons. St. sentenza n. 176/14).

 

Fonte: Diritto e Giustizia