PROCEDIMENTO PENALE

“Intercettazioni fai da te?”, sì per la Cassazione

29 Ottobre 2020

Corte di Cassazione

Non costituisce intercettazione ai sensi degli artt. 266 e ss. c.p.p. – richiedenti l’autorizzazione giudiziale – che le forze di polizia registrino telefonicamente tramite “app” i colloqui fra la vittima di un reato ed il suo aguzzino, previo accordo con la persona offesa. Occorre, però, che le forze di polizia non abbiano specificamente sollecitato la vittima di reato all’(irrituale) operazione intercettiva.  

 

La prova. Di concerto con le forze di polizia, la vittima di una altrui condotta d’usura trasmette i colloqui con il reo agli inquirenti che ascoltano, registrano la chiamata mediante comuni “app” per smartphones e poi ne trascrivono i contenuti. L’usuraio verrà condannato ma per Cassazione il difensore lamenta l’irritualità della procedura d’intercettazione, avvenuta in integrale disprezzo dei contenuti dettati a pena di inutilizzabilità della prova dagli artt. 191, 268 e 271 c.p.p. prescriventi l’autorizzazione giudiziale per l’intercettazione di altrui comunicazioni. La Cassazione sul punto respinge e precisa in punto di (sottile) discrimine fra intercettazione e comunicazioni telefoniche/ambientali, le prime dettate dai più rigidi paletti fissati dalle cit. norme, le secondo costituenti mere fonti documentali, sottratte al regime autorizzatorio giudiziale e liberamente valutabili dal Giudice ai sensi dell’art. 192 c.p.p..

 

Le rigidità CEDU. L’art. 8 della Convenzione giudica le intercettazioni telefoniche e ambientali quali interferenze della vita delle persone, dunque specificamente da regolare dalla normativa nazionale – sostanziale o processuale - ovvero da prassi giurisprudenziali consolidate (in particolare riferimento ai c.d. sistemi di common law); i Giudici di Strasburgo pongono a tutela dei cittadini una sorta di tassatività dei modi e delle forme di intercettazione – la natura dei reati oggetto d’indagine, gli specifici profili autorizzatori ed i limiti di durata; l’accessibilità ai difensori del dichiarato e le necessità di preservare l’integrità delle comunicazioni -, pur riconoscendo la forte rilevanza investigativa del mezzo per i reati a maggiore allarme sociale. In assenza di alcuna regolazione, l’intercettazione va ritenuta processualmente inutilizzabile – va comunque escluso che le normative sulle intercettazioni telefoniche possano essere d’emblée applicate alle intercettazioni ambientali -.

 

La Cassazione pare forzare i limiti: non costituisce intercettazione la pre-concordata trasmissione del colloquio alle forze di polizia. Premesso che l’intercettazione riguarda colloqui fra soggetti escludenti terzi ascoltatori, i quali – nei limiti concessi dall’ordinamento – ascoltano e captano il colloquio in modo insidioso e non riconoscibile, la Cassazione ammette non costituisca intercettazione – i cui modi sono specificamente imposti dagli artt. 266 e ss. c.p.p. – la trasmissione del colloquio da parte di uno dei comunicanti alle forze di polizia – mediante chiamata telefonica -, previo concerto con l’autorità giudiziaria. Occorrono però due requisiti di dubbia coerenza; che le forze di polizia non abbiano sollecitato la persona offesa a rendere loro disponibile la comunicazione e che – tuttavia – le forze di polizia siano state previamente avvertite dalla vittima.
In breve che non si sia verificato un atto di impulso originario da parte delle forze di polizia, le quali tuttavia ben hanno accettato di acquisire colloqui altrui – avrebbero altrimenti dovuto seguire il complicato iter per l’autorizzazione giudiziale -.
La deduzione che sovviene allo scrivente: costituisce prova impossibile dimostrare – da parte della difesa dell’imputato, ad esempio – che le forze di polizia abbiano specificamente sollecitato uno dei comunicanti a trasferire loro la chiamata – in tal caso si cadrebbe fra le strettoie degli art. 266 e ss. c.p.p. -.

 

Il regime probatorio. Quelle comunicazioni – a seguito di trasferimento di chiamata ovvero di registrazione e trascrizione da parte delle forze di polizia – divengono fonti documentali liberamente utilizzabili anche in dibattimento e dunque – nella prassi – documenti di fortissima se non decisiva rilevanza probatoria.

 

Fonte: Diritto e Giustizia