DIRITTO PENALE

False dichiarazioni nella richiesta del reddito di cittadinanza: condanna confermata

22 Febbraio 2021

Cassazione penale

Il reato di truffa commessa al fine di ottenere il reddito di cittadinanza sussiste in caso di false indicazioni od omissioni di informazioni, anche parziali, dei dati di fatto riportati nell’autodichiarazione, indipendentemente dall’accertamento dell’effettiva sussistenza delle condizioni per l’ammissione al beneficio.

Il GIP del Tribunale di Nocera Inferiore disponeva il sequestro preventivo di somme di denaro, beni immobili e mobili nella disponibilità di un soggetto indagato per il reato di truffa commessa al fine di ottenere il c.d. reddito di cittadinanza. A seguito della conferma della misura da parte del Tribunale di Salerno, l’indagato ha proposto ricorso per cassazione sostenendo l’insussistenza del dolo in quanto avrebbe comunque avuto diritto al benefico anche includendo nella dichiarazione ISEE le informazioni omesse.

La Corte ricorda che il delitto di cui all’art. 7, d.l. n. 4/2019, conv. con modificazioni nella l. n. 26/2019, risulta integrato in caso di false indicazioni od omissioni di informazioni dovute, anche parziali, dei dati di fatto riportati nell’autodichiarazione finalizzata all’ottenimento del reddito di cittadinanza, a prescindere dall’effettiva sussistenza delle condizioni per accedere al beneficio. Nello specifico la norma citata al comma 1 prevede che «salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di ottenere indebitamente il beneficio di cui all’art. 3, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute, è punito con la reclusione da due a sei anni»; al comma 2, si legge invece che «l’omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio entro i termini di cui all’art. 3, comma 8, ultimo periodo, commi 9 e 11, è punita con la reclusione da uno a tre anni».

Si tratta di reati di condotta e di pericolo, in quanto relativi a condotte dirette a tutelare l’amministrazione contro mendaci e omissioni circa l’effettiva situazione patrimoniale e reddituale da parte dei soggetti che intendono accedere o già hanno acceduto al reddito di cittadinanza. In definitiva «tale essendo la ratio delle due fattispecie incriminatrici della d.l. n. 4/2019, art. 7, deve ritenersi che le stesse trovino applicazione indipendentemente dall’accertamento dell’effettiva sussistenza delle condizioni per l’ammissione al beneficio e, in particolare, del superamento delle soglie di legge».
In conclusione, avendo la Corte territoriale correttamente applicato tali principi, il ricorso viene rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 Fonte: Diritto e Giustizia