PROCEDIMENTO CIVILE

Come si valuta la sussistenza del pregiudizio da irragionevole durata del processo?

10 Febbraio 2021

Cassazione civile

La Corte d’Appello di Catanzaro rigettava l’opposizione formulata dall’attuale ricorrente ai sensi dell’art. 5-ter, l. n. 89/2001, proposta contro il decreto di rigetto della sua domanda di equa riparazione formulata in relazione alla non ragionevole durata del giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale di Crotone (25 anni).
La Corte d’Appello riteneva, infatti, che nel caso concreto ricorresse l’ipotesi di insussistenza del pregiudizio, in quanto il processo si era estinto per rinuncia e inattività delle parti in causa.
Il ricorrente si rivolge allora alla Corte di Cassazione, impugnando la suddetta decisione per via della errata valutazione relativa alla mancata sussistenza del pregiudizio da lui lamentato.

La Suprema Corte accoglie il motivo di ricorso, osservando come la Corte d’Appello abbia posto l’accento nella decisione impugnata sul presupposto che il giudizio si fosse estinto, senza, tuttavia, considerare che il riconoscimento del pregiudizio da irragionevole durata del processo «non è ancorabile al solo esito finale del giudizio a prescindere dalle varie fasi e gradi in cui il giudizio stesso si è svolto».
L’indennizzo, infatti, proseguono gli Ermellini, va valutato con specifico riferimento anche alla sola durata della fase di primo grado, valutazione che nel caso concreto non è stata svolta.
Di conseguenza, i Giudici di legittimità accolgono il motivo di ricorso, cassano la decisione impugnata in relazione ad esso e rinviano gli atti alla Corte d’Appello.

 

Fonte: Diritto e Giustizia