COMUNIONE E CONDOMINIO

Se il regolamento condominiale vieta le attività commerciali, il bed and breakfast deve chiudere

09 Novembre 2020

L’attività di affittacamere deve essere assimilata a quella imprenditoriale alberghiera, in quanto tale attività, pur differenziandosi per le sue modeste dimensioni, presenta natura analoga, comportando, non diversamente da un albergo, un’attività imprenditoriale, un’azienda ed il contatto diretto con il pubblico.

 

Un Condominio chiamava in giudizio una società conduttrice di un’unità immobiliare dell’edificio e i proprietari della stessa chiedendo la cessazione dell’attività di affittacamere svolta in violazione del regolamento condominiale. Il Tribunale accoglieva la domanda e ordinava la cessazione dell’attività, sottolineando come, pur non costituendo uso abitativo, non rientrava nemmeno negli altri usi consentiti dal regolamento. La Corte d’Appello confermava la decisione. I soccombenti hanno dunque proposto ricorso in Cassazione.

Per quanto qui d’interesse, il ricorso lamenta difetto di motivazione in relazione all’interpretazione del regolamento condominiale, in quanto non era ivi riscontrabile alcun espresso divieto circa l’esercizio dell’attività di affittacamere, che risultava comunque compatibile con l’uso abitativo. Il divieto di attività commerciali previsto dal regolamento sarebbe infatti riferito, secondo la tesi del ricorrente, alle sole attività espressamente menzionate.

Il Collegio ritiene infondata la censura. Dopo aver richiamato la norma del regolamento condominiale che elenca gli usi espressamente vietati (tra cui esercizio o ufficio industriale o commerciale, a uffici pubblici, dispensari sanatori, case di salute di qualsiasi genere, ristoranti, uffici di collocamento, ecc…), la S.C. precisa che secondo la pronuncia impugnata l’attività si rivela vietata per il suo caratterizzarsi come attività commercialeassimilabile a quella alberghiera, «esplicantesi a scopo di lucro da parte di società di capitali mediante la prestazione sul mercato di alloggio dietro corrispettivo per periodi più o meno brevi».
La censura si identifica con un problema squisitamente interpretativo che per tale natura integra un giudizio di fatto, rimesso alla competenza esclusiva del giudice di merito.
In conclusione, la pronuncia rileva come la soluzione adotta dalla Corte d’Appello risulta coerente con la giurisprudenza di legittimità che assimila l’attività di affittacamere a quella imprenditoriale alberghiera. Ed infatti «tale attività, pur differenziandosi da quella alberghiera per sue modeste dimensioni, presenta natura a quest’ultima analoga, comportando, non diversamente da un albergo, un’attività imprenditoriale, un’azienda ed il contatto diretto con il pubblico».
Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso.

 

Fonte: Diritto e Giustizia