DIRITTO DEL LAVORO

Monitoraggio e digital forensics: sorveglianza sul lavoratore e grado di intrusione nella sua vita privata

30 Giugno 2023

Cassazione civile

Un istituto di credito veniva condannato in primo grado al pagamento di somme a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, di indennità supplementare, di spettanze per incidenza sul TFR, oltre interessi e rivalutazione monetaria, a seguito dell'accertamento della illegittimità del licenziamento intimato ad un proprio dirigente.

La pronuncia, successivamente impugnata, veniva confermata dalla Corte d'Appello, la quale rammentava che il licenziamento faceva seguito a tre contestazioni disciplinari con le quali era stata addebitata al lavoratore una condotta di insubordinazione e di violazione dei doveri di diligenza e fedeltà, nonché dei generali principi di correttezza e buona fede per avere intrattenuto rapporti e contatti con soggetti riferibili a realtà imprenditoriali in concorrenza (prime due contestazioni), e per essersi sottratto ad un accertamento tecnico preventivo, facendo così dubitare della genuinità della malattia posta a fondamento delle assenze del lavoratore (terza contestazione). La Corte territoriale evidenziava che il primo giudice, premesso che gli elementi di prova relativi ai fatti oggetto delle prime due contestazioni disciplinari erano stati raccolti a seguito di attività investigativa di controllo della posta elettronica aziendale, c.d. digital forensics e di pedinamento, ne aveva ritenuto l'illegittimità per totale carenza di allegazioni in ordine al motivo che aveva determinato una così vasta attività di indagine nonché, con specifico riferimento all'attività di digital forensics, per la mancata acquisizione preventiva del consenso da parte del lavoratore al controllo della posta elettronica aziendale, come prescritto dal regolamento aziendale che, tra l'altro, non risultava essere stato portato neppure a conoscenza del lavoratore né tantomeno dallo stesso sottoscritto per accettazione.

Al cospetto dell'impugnazione proposta dall'istituto di credito, la Corte territoriale aveva ritenuto, richiamando giurisprudenza di legittimità e della Corte europea dei diritti dell'uomo, che, nel caso in esame, non fossero state garantite la proporzionalità e le garanzie procedurali contro l'arbitrarietà del datore di lavoro, soprattutto perché la società non aveva dedotto né provato nulla in ordine ai motivi che avevano portato ad un'indagine così approfondita. (...)

Fonte: Diritto e Giustizia